L’ipoparatiroidismo è una malattia caratterizzata da una ridotta o assente secrezione di PTH con conseguente ipocalcemia. Clinicamente è caratterizzata da disturbi del sistema nervoso centrale e periferico, in particolare da eccitabilità neuromuscolare, e biochimicamente da ridotti livelli di calcio nel sangue e aumentati livelli di fosfato (1).
L’ipoparatiroidismo è causato da un gruppo eterogeneo di condizioni; la causa più frequente è rappresentata dall’ipoparatiroidismo chirurgico che si manifesta dopo una lesione delle paratiroidi nel corso di un intervento chirurgico sul collo e può essere transitorio o permanente (ipoparatiroidismo cronico). L’ipoparatiroidismo può essere anche dovuto a patologia di tipo immune o ad anomalie genetiche (2).
Non esistono dati italiani sull’ipoparatiroidismo cronico. Sulla base dei dati epidemiologici ottenuti nei Paesi Scandinavi (post-chirurgico: 6.4-22/100.000; non-chirurgico: 2.3-3/100.000) (3, 4) e, considerando che in Italia si eseguono circa 40.000 tiroidectomie all’anno, possiamo stimare che la prevalenza dell’ipoparatiroidismo cronico nel nostro Paese sia circa 13.000 pazienti (5).
La maggior parte dei sintomi clinici e dei segni dell’ipoparatiroidismo è dovuta all’ipocalcemia che determina una aumentata eccitabilità neuromuscolare o dalla deposizione di sali di calcio. L’aumentata eccitabilità neuromuscolare si può manifestare clinicamente con parestesie, che interessano soprattutto la zona periorale e le mani, sino alla tetania, attacchi epilettici e la sindrome cerebellare organica (2). Altre comorbidità, quale la nefrolitiasi, nefrocalcinosi, diminuzione della funzionalità renale, patologie cardiovascolari, possono essere evidenziate con il progredire della malattia.
La diagnosi è confermata da esami di laboratorio: presenza di ipocalcemia, iperfosfatemia, che si accompagnano a valori bassi o valori indosabili del paratormone sierico. (2).
C-ANPROM/IT/1059