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Il diabete mellito di tipo 2

Il diabete di tipo 2 è una patologia cronica caratterizzata da livelli di un tipo di zucchero, il glucosio, più elevati nel sangue rispetto alla norma, condizione nota con il termine "iperglicemia" e dovuta a un'alterazione della quantità o del funzionamento dell'insulina, un ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l'ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno. Gran parte delle persone con diabete di tipo 2 presentano sia insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas sia inadeguata risposta all'insulina (insulino-resistenza). A causa di questo fenomeno le cellule di vari organi vengono private dell'energia necessaria al loro funzionamento, inoltre l'eccesso di glucosio in circolo danneggia diversi organi e apparati, come il sistema cardiovascolare, gli occhi, le arterie e i nervi delle gambe, i reni e il cervello. 
Sebbene in passato il diabete di tipo 2 venisse considerato come una malattia dell'età avanzata poiché la sua incidenza aumenta con l'invecchiamento dell'individuo, è sempre più frequente riscontrare la sua comparsa nei giovani adulti.


Nel nostro Paese, l'età media dei pazienti alla diagnosi è attualmente di 50-55 anni, ma non è raro che avvenga anche a trentenni, soprattutto nelle etnie non caucasiche. Per questo è importante controllarsi regolarmente. Non è raro che si scopra di avere il diabete o di esserne a rischio per puro caso, magari durante una visita medica richiesta per un altro motivo o per un esame dall'oculista. All'esame del fondo oculare, per esempio, si può riscontrare la retinopatia diabetica, una delle complicanze del diabete, che determina alterazioni a carico dei vasi sanguigni dell'occhio. In altri casi, è il medico stesso a sospettare che alcuni sintomi lamentati dal paziente potrebbero essere spia di malattia. Tra i campanelli d'allarme vanno segnalati:

  • accentuazione dell'appetito e della sete;
  • aumento della produzione di urina;
  • anomalo ritardo nella guarigione di piccole ferite;
  • frequenti infezioni della pelle.

 

FATTORI DI RISCHIO

  • Familiarità (in particolare genitori, fratelli o sorelle o figli affetti da diabete)
  • Sovrappeso (Indice di Massa Corporea (IMC o BMI) > 25 Kg/m2) od obesità (IMC > 30 Kg/m2
  • Ipertensione arteriosa
  • Valori elevati di colesterolo e/o trigliceridi nel sangue
  • Precedente diabete insorto in gravidanza (diabete gravidico) o parto di neonato con peso corporeo maggiore di 4 Kg
  • Sedentarietà/Inattività
  • Fumo di sigaretta
  • Eccessivo uso di alcool
  • Fattori etnici: le persone di origine afro-caraibica e sud-asiatica presentano una maggiore predisposizione

Se sono presenti fattori di rischio è sempre consigliabile consultare il proprio medico al fine di eseguire una glicemia a digiuno e, se necessario, un test da carico orale di glucosio. Se i valori sono normali, la glicemia va comunque controllata periodicamente, almeno una-due volte all'anno, con un semplice esame del sangue a digiuno.

 

Se si ha il diabete, scoprirlo prima possibile è determinante per instaurare un corretto programma di controllo della malattia e di prevenzione delle complicanze a lungo termine, che rappresentano il pericolo maggiore per la salute.
Il diabete infatti può essere presente da molti anni prima di dare dei sintomi evidenti. Per questo è fondamentale, dai 40-45 anni in poi, controllare periodicamente la glicemia (gli zuccheri nel sangue), in particolare nei soggetti sovrappeso, in chi soffre di ipertensione e in chi conduce uno stile di vita sedentario e segue una dieta non equilibrata. Al contrario non è vero che il diabete è causato da un'eccessiva assunzione di zuccheri.

Una malattia da non sottovalutare

In Italia una persona con diabete ogni 7 minuti ha un attacco cardiaco, ogni 26 minuti sviluppa un'insufficienza renale, ogni 30 minuti ha un ictus, ogni 90 minuti subisce un'amputazione e ogni 3 ore entra in dialisi.
Il diabete tipo 2 non è solo un semplice numero asteriscato sulle analisi di laboratorio, perché quel valore alterato sottende una condizione che va studiata e gestita con la massima scrupolosità. Invece ancora oggi purtroppo viene sottovalutato. Un grave errore, perché questa malattia metabolica, se non gestita correttamente, può condizionare la vita di chi ne è affetto e perfino avere conseguenze severe a lungo termine. Il diabete aumenta significativamente le patologie cardiovascolari e può danneggiare anche i piccoli vasi sanguigni che nutrono:

  • i nervi, specie degli arti inferiori (neuropatia),
  • i reni (determinando così nefropatia cioè malattia renale),
  • gli occhi (aumentando il rischio di lesione della retina).

Il diabete rappresenta infatti la prima causa di cecità, la seconda di insufficienza renale terminale con necessità di dialisi o trapianto, la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori, una concausa di metà degli infarti e degli ictus.

Il nostro organismo ha un bisogno costante di zuccheri, che sono la "benzina" utile per mantenere tutte le sue funzioni. Durante la digestione, una parte degli alimenti assunti viene scomposta in glucosio, cioè in zuccheri semplici. Successivamente, il glucosio entra in circolo per essere utilizzato dai muscoli come fonte di energia. Per sapere quanto glucosio è presente nel sangue in un dato momento si misura la "glicemia".
Nelle persone sane, la glicemia è regolata principalmente dall'azione contrapposta dei due ormoni: insulina e glucagone, entrambi prodotti dal pancreas: l'insulina abbassa la glicemia, il glucagone la fa aumentare.
Quando il livello del glucosio nel sangue aumenta, alcune cellule specializzate del pancreas ricevono il segnale di produrre l'insulina, che convoglia lo zucchero verso i muscoli, il fegato o il tessuto adiposo perché vengano bruciati come energia o immagazzinati come riserva energetica a rapido utilizzo sotto forma di glicogeno, o a lento rilascio sotto forma di trigliceridi.
Le cellule dei muscoli, del fegato e del tessuto adiposo non sono in grado di utilizzare il glucosio senza l'aiuto dell'insulina.
Nel diabete di tipo 2 il problema principale non è la scarsità o la mancanza di insulina, che spesso è addirittura prodotta in elevate quantità, ma un fenomeno chiamato insulinoresistenza: in altre parole questo ormone non riesce a svolgere a pieno la sua azione. In alcuni soggetti, la resistenza all'insulina viene parzialmente compensata dall'aumentata produzione di insulina da parte del pancreas, ma con il passare del tempo questa iperattività rischia di esaurire l'organo, indebolendo le sue capacità di secernere l'ormone (esaurimento funzionale).

I valori di riferimento della glicemia a digiuno

  • Glicemia normale: 60 -100 mg/dl
  • Ipoglicemia: <60 mg/dl
  • Alterata glicemia a digiuno (IFG): glicemia maggiore o uguale a 100, fino a 125
    mg/dl
  • Diabete mellito: glicemia maggiore o uguale a 126 mg/dl

 

L'emoglobina glicata (HbA1c) e la diagnosi di Diabete di tipo 2

L'HbA1c è un semplice test di laboratorio che permette di determinare la qualità media del controllo della glicemia nei 2-3 mesi precedenti. Quando nel sangue si accumula troppo glucosio, le proteine in circolo tendono a "glicarsi", cioè a legarsi ad una molecola di zucchero in modo stabile; tra queste anche l'emoglobina contenuta nei globuli rossi, che trasporta l'ossigeno ai tessuti ed è responsabile del loro colore rosso del sangue. Maggiore è la percentuale di emoglobina legata al glucosio (per questo detta "glicosilata" o "glicata"), più frequenti e gravi sono gli episodi di iperglicemia avvenuti nelle settimane precedenti all'analisi e quindi più scarso è stato il controllo del diabete.


L'emoglobina glicosilata è un ottimo indicatore clinico, perché permette al medico di valutare con sicurezza come è andato il diabete nelle ultime 8-9 settimane. Se è superiore a 6,5% può indicare la presenza di diabete.
Altre analisi per riconoscere il diabete di tipo 2 sono la misurazione della glicemia al mattino dopo almeno 8 ore di digiuno (valori uguali o superiori a 126 mg/dl sono considerati diabete), e il test da carico orale di glucosio. Nel complesso, valori di glicemia uguali o superiori a 200 mg/dl riscontrati nell'arco della giornata devono far sospettare la diagnosi di diabete.

Sebbene il diabete non sia curabile, un buon controllo permette a chi ci deve convivere di condurre una vita piena e ricca di soddisfazioni nella famiglia, nella professione e perfino nello sport: si può diventare genitori, musicisti, uomini di stato o vincere medaglie olimpioniche (Il diabete in Italia. SID). Ma a patto che vengano seguiti meticolosamente i consigli del medico.


Negli ultimi anni il progresso scientifico ha portato a considerare la terapia del diabete in una prospettiva diversa, e cioè in funzione non soltanto della necessità di ridurre la glicemia ma anche del controllo di tutti quei parametri, come la pressione arteriosa, il colesterolo, la funzione renale e così via, che nel loro insieme delineano lo stato di rischio del singolo individuo. Da qui un approccio che si prefigge non obiettivi generici ma traguardi specifici, diversi a seconda dei casi.


Mantenere sotto controllo la glicemia rappresenta comunque il primo obiettivo del trattamento del diabete, e da qui la necessità di effettuare controlli periodici per verificarlo. La quantità di glucosio nel sangue varia nell'arco dell'intera giornata e da un giorno all'altro; l'esame della glicemia offre quindi un'indicazione momentanea sulla validità del compenso metabolico. L'esame più indicato a questo scopo è la misurazione dell'emoglobina glicosilata. Una conoscenza approfondita del singolo paziente permetterà al medico di prescrivere una terapia personalizzata, e quindi più efficace e sicura.

Un altro aspetto fondamentale della cura di questa patologia è nelle mani di chi ne è affetto: deve imparare a conoscerla e a capire le risposte del proprio corpo nelle diverse situazioni per tutelare al meglio la propria salute. La terapia migliore non passa più attraverso una vita di privazioni ma si costruisce sulla consapevolezza dei limiti imposti dal diabete al proprio corpo, e ha successo solo combinando uno stile di vita corretto e appropriato, monitoraggio della glicemia, una terapia appropriata e controlli periodici dallo specialista.

Nei soggetti non diabetici l'HbA1c è inferiore o uguale al 6%. Nelle persone con diabete valori di HbA1c inferiori a 7% sono considerati un indice di buon controllo nel tempo della glicemia. In particolari pazienti possono essere presi in considerazione obiettivi diversi (HbA1c inferiore a 6,5% o superiore a 7%).


Valori di HbA1c superiori a 8-9% rappresentano un segnale di rischio elevato.
In questi casi il medico modificherà il programma terapeutico in base alle esigenze del soggetto, per evitare l'insorgere di eventuali complicanze che tendono a progredire in modo silente.
Gli studi più recenti hanno documentato che le persone che riescono a mantenere i loro livelli di HbA1c entro il 7% hanno molte possibilità in più di ritardare o prevenire i problemi derivanti dal diabete agli occhi, ai reni, ai nervi, al cuore e ai vasi sanguigni rispetto alle persone con un livello pari o superiore all'8%.

Tutti coloro che hanno il diabete di tipo 2 dovrebbero fare la valutazione della Emoglobina glicata almeno due volte all'anno, salve diverse indicazioni del proprio medico. In particolare, chi ha un diabete non compensato, ovvero con livelli di glicemia che tendono a rimanere alti, dovrebbe ripetere l'esame almeno ogni 3 mesi, o con diversa frequenza in base al consiglio del proprio medico.  Inoltre la misurazione della glicemia capillare consente di controllare l'andamento del proprio diabete in modo semplice, rapido (pochi minuti) e indolore: viene eseguito su un campione di sangue capillare prelevato dal dito.

FONTI:
Il diabete in Italia. A cura di Enzo Bonora e Giorgio Sesti. Terzo volume. Società italiana di dialettologia (SID)
Epicentro: http://www.epicentro.iss.it/igea/diabete/dise.asp 

http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=170&area=M_e_metabolichealattie_endocrine

Le informazioni riportate nella presente scheda non sono esaustive; per ulteriori informazioni sulla patologia rivolgersi al proprio medico.

 

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